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Cosa sono le intolleranze alimentari

Le intolleranze (o ipersensibilità) alimentari indicano una predisposizione negativa di un soggetto nei confronti di uno o più alimenti che si manifesta con conseguenze sull’organismo in modo più o meno lieve. Non vanno confuse con le allergie in quanto queste ultime indicano una reazione del corpo a livello sanguigno (shock anafilattico), eventualità che non si verifica nel caso delle intolleranze. Le più comuni sono riconducibili o descritte come sindromi da malassorbimento.


 Un’intolleranza alimentare è una reazione di tipo non tossico, ovvero non dipende dalla dose assunta ma dalla suscettibilità del soggetto a un dato alimento. L’ingestione genera solitamente una reazione a livello intestinale, dove la sostanza in questione viene recepita come estranea e combattuta dal sistema immunitario, che conduce a irritazioni e più in generale causa di stress per l’organismo.

Sono difficili da individuare in base ai sintomi (cefalee, dermatiti, gonfiori, disordini alimentari o dolori articolari) perché possono verificarsi a distanza di diverse ore e raramente sono direttamente riconducibili all’assunzione di un dato alimento.

Tipologie di intolleranze alimentari

Si possono suddividere in due categorie: enzimatiche e farmacologiche.

  • Intolleranze enzimatiche. Le intolleranze a lattosio, fave e fenilalanina sono tutte di origine enzimatica. Insieme all’ipersensibilità al glutine (che ha una base autoimmune) sono le uniche per le quali esistono test attendibili scientificamente.

La maldigestione di lattosio è la patologia più comune e nota nell’ambito delle intolleranze alimentari, ed ha un’incidenza significativa in Italia e Portogallo (intorno al 35%) mentre in Cina ben il 95% delle persone soffre di questo problema.

La celiachia indica l’intolleranza alla glutammina, un amminoacido contenuto nel glutine. Nei soggetti celiaci la presenza di questa sostanza provoca lo sviluppo di anticorpi anti tranglutaminasi che aggrediscono le pareti intestinali.

Il favismo è provocato da una carenza di glucosio-6-fosfato deidrogenasi, ma non tutti gli individui che soffrono di questa carenza sviluppano necessariamente una ipersensibilità alle fave.

La fenilchetonuria indica l’incapacità di elaborare la fenilalanina, che invece di essere trasformata in tirosina si accumula nell’organismo danneggiando le pareti intestinali. La tirosina invece è un precursore di numerosi neurotrasmettitori (adrenalina, noradrenalina, dopamina), che verranno inevitabilmente prodotti in quantità ridotta in questi soggetti e possono portare a ritardo mentale e nella crescita.

 

  • Intolleranze farmacologiche. Sono indice di una iper-reattività nei confronti di sostanze contenute negli alimenti. Si possono distinguere in intolleranze da amine vasoattive, da additivi o altre molecole.

Amine vasoattive. Tiramina, feniletilamina, istamina. Sono sostanze in grado di generare ipertensione o ipotensione.

Tiramina: con effetti ipertensivi, si trova prevalentemente in lievito, cibi fermentati, birra, vini rossi. Provoca cefalee, vampate di calore, sudorazione, nausea e vomito.

Feniletilamina: con effetti ipertensivi, la si può trovare nel cioccolato, negli alimenti fermentati e nei vini rossi. Ha le stesse conseguenze della tiramina.

Istamina: ha azione ipotensiva ed è presente in alcuni pesci, formaggi, vini rossi, lievito, cibi fermentati, birra. Causa problemi gastrointestinali, abbassamenti di pressione e sintomi ad essi associati (vampate di calore, nausee, cefalee).


 

Intolleranze da additivi. Sostanze utilizzate per migliorare conservazione o qualità del cibo, il loro consumo medio pro-capite è stato calcolato in 5kg. Esistono in commercio migliaia di additivi, regolamentati all’interno della Comunità Europea come segue:

E100-E199 Coloranti
E200-E299 Conservanti
E300-E321 Antiossidanti
E325-E385 Correttori di acidità
E400-E495 Addensanti, emulsionanti, stabilizzanti

 

Quali sono i test per individuare le intolleranze alimentari?

Ci sono due categorie di test per la diagnosi delle ipersensibilità alimentari. La prima, specifica su alcuni alimenti, è l’unica considerata attendibile. Le altre metodologie diagnostiche invece sono più ad ampio spettro ma non sono state accettate dalla comunità scientifica.

Nel primo caso abbiamo dunque le diagnosi specifiche per la maldigestione del lattosio (breath test), della fenilalanina (test di Guthrie), nonché quelle per individuare il favismo (semplici analisi del sangue) e la celiachia (test che individua gli anticorpi anti tranglutaminasi).

Nel secondo caso incontriamo numerosi test “alternativi” che elenchiamo di seguito:

Test EAV (elettroagopuntura secondo Voll, Vega test, Sarm test, Biostrength test e loro varianti), Test di provocazione/neutralizzazione, Kinesiologia applicata (DRIA test), Test di citotossicità (Cytotoxic test o test di Bryan o ALCAT, ecc.), Test di provocazione/ neutralizzazione sublinguale, Biorisonanza, Analisi del capello, Pulse test, Test del riflesso cardiaco-auricolare, Test Melisa, Mineralogramma, Iridologia, test Bioenergetico dei Virus e Batteri.

Come si curano le intolleranze alimentari?

Le ipersensibilità alimentari non sono direttamente curabili, ma è possibile acquisire o riottenere la tolleranza nel tempo. Se la diagnosi è rapida e viene interrotta immediatamente l’assunzione dell’alimento in questione ci sono buone probabilità di recupero della tolleranza nel tempo, soprattutto nei bambini (è stato osservato nel caso del latte).

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